Qui a Roma è pieno di ricci.
Nel senso, ce ne sono davvero tanti, ma nessuno solitamente riesce mai a vederli, magari la notte, se qualcuno di loro è così pazzo da attraversare la strada e tu stai passando in macchina.
In situazioni molto più tristi li si vede morti sul ciglio della strada, dopo esser stati investiti.
Io ho la fortuna di abitare nei pressi di un grande parco naturale romano, il Parco del Pineto, dove di fauna selvatica si è abbastanza pieni.
Certo non ci si può aspettare di incontrare un orso, visto che questo non è il posto dove li si trova abitualmente, ma in quanto a volpi, cinghiali, ricci, donnole, faine, serpenti, istrici, tassi, cinghiali e ricci, ce ne sono in grande quantità.
Sono tutti animali che rimangono nascosti, almeno la maggior parte di loro.
Qualche anno fa, dopo circa un mese da un devastante incendio scoppiato all’interno della parco, Maria tornò a casa trafelata. Rientrando a casa da un’uscita con gli amici delle medie, aveva incontrato un riccio dentro un giardino. Era nel piazzale di un palazzo e cercava di risalire le scale che lo avevano portato, probabilmente cadendo, all’interno del cortile.
Come succede di solito in casa nostra, gli animali solitamente varcano la porta solo se presi dalla strada, per non uscirne più. Almeno la maggior parte di loro.
Maria era disperata, temeva che quel riccio, salendo lo scalino, si sarebbe trovato in strada e poi sarebbe morto investito come tante volte capita.
Dopo averle fatto presente che si trattava di un riccio e non di un canguro e che lo scalino era davvero improbabile lo superasse, mossa dalla mia solita pietà le dissi di prenderlo a portarlo a casa, lo avremmo portato il giorno dopo dalla veterinaria per vedere se poteva avere dei problemi.
Lei si fiondò fuori casa con una vecchia felpa tra le mani per tornarci pochi minuti dopo con una specie di fagottino piccolo e spinoso.
Lo tenemmo al caldo e la mattina dopo lo portammo dalla veterinaria. Il riccio era giovane, con poca forza, molto magro. Ci disse che volendo potevamo rifocillarlo per qualche giorno e poi riportarlo nella pineta con più forze per continuare la stagione (era maggio). Alle ragazze non sembrò vero.
Attrezzammo una specie di casetta in legno con il fieno del coniglio in balcone (messo in sicurezza) e lo lasciammo tranquillo con l’acqua sempre a portata e dei bei vermoni tutti per lui.
Rimase con noi 2 settimane, ma essendo selvatico non rimanemmo mai a maneggiarlo, meglio che con le persone on avesse troppo a che fare.
Dopo quelle due settimane lo mettemmo in un trasportino, portammo con noi i suoi vermi e ci dirigemmo di nuovo verso il parco. Quando lo lasciammo non ci furono saluti e carezze, mettemmo il cibo per terra e facemmo uscire delicatamente il riccio dal trasportino, che per tutta risposta ci soffio come un gatto e cercò di morsicarci diverse volte.
Quando si rese conto di avere il cibo accanto mangiò qualche altro verme e poi si addentrò nella vegetazione.
La scorsa settimana, nella colonia felina di cui mi occupo con una cara signora, un riccio è sbucato fuori dal nulla e si è messo mangiare i croccantini dei gatti. Ho subito ripensato a quel riccio che fu nostro ospite per un po’ di tempo.
Sarebbe bello avere la sicurezza che è in salute. Il suo musetto non lo dimenticherò mai più.
In questi 15 anni a Roma ho anche visto due istrici, diverse volpi e tanti cinghiali. E dire che siamo in piena città.